Varie civiltà antiche ci hanno lasciato in eredità filosofie e cosmogonie (κοσμογονία significa letteralmente nascita del cosmo) che hanno come sintesi l’organizzazione del mondo esterno (macrocosmo) ed interno (microcosmo) secondo quattro grandi categorie. 

L’aria è uno di questi quattro elementi, il terzo se vogliamo mantenere la successione aritmetica proposta da alcuni allievi di Pitagora (575 a.C. -495 a.C.) e rappresenta l’esistenza e la misura dello spazio e del tempo, il mondo dei pensieri, la nascita e lo sviluppo della vita stessa.

Anche in tempi più vicini a noi tanti poeti e filosofi hanno associato l’aria alla forza, all’essenza stessa della vita. Walt Whitman in “Foglie d’erba” descrive una “mistica umida aria notturna” che porta il poeta ad “alzare gli occhi e contemplare in silenzio le stelle”.

Nietzsche  definisce la libertà come un vasto spazio aperto da esplorare e conquistare, superando le convenzioni sociali e morali e trovando la propria strada verso l’autenticità e la realizzazione personale.

L’aria è strettamente collegata all’atto del respirare, movimento vitale e imprescindibile per ogni essere. L’alternanza e la dualità tra inspirazione ed espirazione, tra prendere e lasciare, tra dare e ricevere, tra attivo e passivo crea un ciclo di equilibrio e armonia che ci sostiene ad ogni nostro passo.

Inspirare ed ispirare derivano entrambi dal latino inspirare, derivato dal verbo spirare che significa soffiare. E soffio in ebraico è ruah רוּחַ (poi tradotto in greco pneuma πνεῦμα) e simboleggia lo Spirito, cioè qualcosa di immateriale e trascendente che è presente in ogni luogo (come l’aria, almeno sulla terra) e che testimonia, sostiene e permette la vita.

Pur avendo origini simili, nel corso del tempo, i due termini inspirare ed ispirare hanno acquisito significati leggermente diversi: il primo si riferisce alla fase iniziale dell’atto respiratorio, quando l’aria dall’esterno entra nei polmoni; il secondo si connette con la creatività, la fiducia in qualcosa di più grande di noi, l’apertura mentale e l’assenza di pregiudizi e si usa solitamente in contesti religiosi, mistici o di crescita personale.  

In inglese esiste un unico verbo to inspire che ha entrambi i significati, con una prevalenza dell’accezione piu “eterica” (lo slogan “be inspired” di solito accompagna progetti innovativi o di utilità sociale).  

Si può concludere, giocando un po’ con le parole, dicendo che seguire la propria ispirazione è vitale per le nostre parti più “sottili” (anima e spirito?) quanto lo è l’inspirazione per il nostro corpo fisico. 

Molte tecniche di meditazione si basano o iniziano proprio sulla focalizzazione del processo respiratorio. Pratiche avanzate consistono nel ripetere delle preghiere ad ogni inspirazione ed espirazione (alcuni mantra hanno questa struttura) e nell’instaurare un legame automatico e duraturo tra la preghiera e il respiro, in modo che, per così dire, tutta la vita diventi una preghiera (dal momento che respiriamo sempre, anche quando dormiamo)

In effetti è molto curioso che il sistema nervoso autonomo, tramite il simpatico (attivatore) e parasimpatico (rallentatore) controlli il processo respiratorio che è in massima parte involontario. Interessante notare come di fronte ad una notizia inaspettata o una forte emozione possiamo rimanere “senza fiato”, completamente in apnea, e come questo corrisponda ad una rigidità corporea. E altrettanto stupefacente quanto una serie di inspirazioni ed espirazione complete e profonde possano portare velocemente il nostro essere in uno stato di quiete e orientare il nostro stato d’animo verso la fiducia, la gioia e la serenità. E ancor più sorprendente come lavorando su alcune fasi del processo respiratorio (es: rebirthing, vivation, respirazione olotropica, ed altre tecniche derivate) si possa raggiungere stati alterati di coscienza, liberare emozioni bloccate e risvegliare antiche memorie.

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