Dove ti porta praticare il metodo Feldenkrais?

Chissà! come insegnante non posso sapere come ogni allievo elabora le lezioni. Sono però sicura che nessuno si ferma al movimento. Tanti ritrovano nei gesti quotidiani la piacevolezza e la fluidità sperimentata nelle lezioni, altri imparano a prendersi del tempo, a non forzare e poi c’è chi porta la sua esperienza su altri piani, come Enzo nel suo blog

‘L’imbarazzo dell’asceta’.

Lo scorso mese Enzo ha fatto il Camino di Santiago così, come preparazione, durante il corso a cui partecipava ho proposto delle lezioni sulla camminata. Nel suo Camino ha trovato utile ciò che ha sperimentato in palestra e nei momenti di difficoltà ha tirato fuori come arma contro la fatica dei tanti chilometri percorsi alcuni movimenti e ritmi.

La capacità di percepire la propria organizzazione e di fare dei piccoli ‘aggiustamenti’ per rendere i movimento più fluido sono la chiave che gli ha permesso di alleggerire la camminata e trovare l’agilità per continuare.

Ma continuando il Camino, trovata la giusta organizzazione, la propria andatura e abituandosi al ritmo della giornata, l’esperienza e le riflessioni sul metodo Feldenkrais iniziano a trascendere l’organizzazione motoria e, con il supporto della teoria, si applicano all’esperienza della camminata, del viaggio.

C’è il rientro, ma ancora non sazio del Feldenkrais, Enzo partecipa al residenziale ‘Different Gravity’ di 4 giorni. Ne esce una riflessione in parallelo tra la cucina e il metodo.

Il nutrimento, il gusto, l’immaginazione, il sapore….

Raccogliere gli ingredienti, amalgamali, cuocerli aggiustando il sapore per far uscire quello desiderato, e se il risultato non soddisfa le aspettative c’è sempre la possibilità di riprovarci aggiustando qui e lì.

Tentativo dopo tentativo diventiamo sempre più sensibili e capaci di trovare le quantità e gli ingredienti che soddisfano il nostro palato.

E a voi dove ha portato il metodo Feldenkrais?